Cura per Alzheimer: esperimenti e nuovi farmaci
La scienza fa passi avanti nella ricerca contro l'Alzheimer

Negli scorsi giorni hanno fatto notizia gli straordinari risultati ottenuti da una ricerca contro il morbo di Alzheimer a cura di un team di professionisti tutto italiano, ovvero quello dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, la quale potrebbe rivelarsi fondamentale per individuare una nuova ed efficace cura per l'Alzheimer.
Ma andiamo per gradi: che cosa è l'Alzheimer? Il Morbo di Alzheimer, conosciuto anche come "demenza senile", è una patologia che interessa le persone in età piuttosto anziana (indicativamente, dai 65 anni in poi) e che consiste come detto in varie forme di demenza, che si traducono in difficoltà di memoria, di linguaggio, di orientamento ed altro ancora.
Si tratta, dunque, di una malattia degenerativa, la quale di fatto, nel momento in cui viene a presentarsi, diviene pressochè inesorabile e continua gradualmente a peggiorare.
La grande scoperta relativa alla cura per Alzheimer ad opera dei ricercatori italiani deve il suo successo ad un accurato esperimento realizzato su dei topi, il quale ha portato all'individuazione di un'enzima che sarebbe responsabile, appunto, dell'incalzare della malattia.
JNK, questo il nome dell'enzima in questione, agisce su due proteine, l'amiloide e la tau, le quali sono ritenute le sostanze alla base del processo di degenerazione cellulare che provoca l'Alzheimer.
L'esperimento sui topi in questione si è dunque caratterizzato dall'applicazione, su degli animali già affetti dal morbo, di un trattamento specifico contro il JNK, ed i risultati sono stati sorprendenti: la degenerazione cellulare alla base del peggioramento delle condizioni cognitive dei topi si è arrestata, e con il nuovo benessere della mente non si sono verificati neppure degli effetti collaterali.
Non resta che attendere il futuro prossimo ed scoprire se questa ricerca potrà rivelarsi una nuova ed innovativa cura per Alzheimer anche per gli umani.
Morbo di Alzheimer: bexarotene nuovo farmaco
Bexarotene, questo il farmaco che viene usato in Italia come antitumorale, adesso trova un'applicazione nella terapia farmacologica del morbo di Alzheimer.
Questo farmaco, nasce per combattere il tumore, ma test di laboratorio ne hanno evidenziato l'efficacia sull'Alzheimer.
L'Alzheimer è una malattia degenerativa, che coinvolge le funzioni cerebrali e tra questa la più colpita è quella della memoria.
Alla base di questa disfunzione, esiste l'accumulo in modo anomalo, di una molecola la beta amiloide.
Questa molecola, accumulandosi nell'area preposta alla memoria ne blocca completamente la funzionalità.
La novità del bexarotene sta proprio nella sua capacità di ridurre l'accumulo della proteina tossica, grazie alla stimolazione della produzione di un'altra proteina la ApoE che la rimuove completamente.
I risultati in laboratorio sono interessanti, perchè solo dopo 72 dall'assunzione i topi hanno riacquisto la memoria, mentre i depositi di proteina tossica si riducono del 75%.
Quindi il bexarotene agisce come spazzino della proteina tossica.
Lo studio è stato pubblicato su Science ed è stato effettuato nei laboratori della Case Western Reserve University School of Medicine.
Impulsi elettrici al cervello bloccano l'Alzheimer?
Impulsi elettrici per una stimolazione profonda del cervello è l'ultimo risultato positivo per rallentare l'Alzheimer.
Il test, condotto su 6 pazienti malati di Alzheimer, è stato condotto da un gruppo di ricercatori nell'ospedale canadese di Toronto il Western Hospital.
L'obiettivo dello studio è quello di bloccare il processo degenerativo cerebrale della malattia, che fino ad ora neppure i farmaci specifici a disposizione possono arrestare.
Il test, del tutto simile a quello già sperimentato sui malati di Parkinson, consiste nell'impiantare un elettrostimolatore nel cervello dei malati di Alzheimer.
Dopo un anno dall'impianto, ai controlli, i pazienti avevano un buono stato di salute e la malattia era regredita.
Perchè funziona l'elettrostimolazione? Perchè aiuterebbe i neuroni a ripdursi nelle aree compromesse. I due pazienti, l'ippocampo, centro della memoria, anzichè diminuire si è ingrandito.
Lo studio è solo all'inizio, ma si prevede che possa essere ripetuto su un campione di 50 malati di Alzheimer.
La diagnosi Alzheimer diventa mondiale: da neuGRID a outGRID
Il morbo di Alzheimer trova davanti a sè una nuova alleanza che farà in modo che si possa avere una diagnosi precoce e che si possano fare sempre più progressi in campo medico per migliorare la qualità della vita dei malati e dei loro familiari.
La piattaforma europea di diagnosi online neuGRID diventa mondiale grazie al supporto di outGRID con la partecipazione dell'ONU.
Le sigle possono far confondere, quindi bisogna spiegare in modo semplice di cosa si parla.
La rete europea e quella appena nata mondiale sono un sistema online globale per centralizzare e incrementare le iniziative di ricerca sull'Alzheimer.
Questa nuova piattaforma operativa online consentirà di accedere a dati che possono essere condivisi in tutto il mondo.
Questo risultato dovrebbe consentire diagnosi precoci e migliori risultati delle ricerche.
I dati che si potranno consultare sono anche video immagini 3D e con i biomarker.
Il morbo di Alzheimer trova così un fronte online che consentirà di fare diagnosi precoci e di mettere tutti i risultati della ricerca in sinergia.
Riccardo G.