Amianto e fibre sostitutive: pro, contro e rischi connessi.

Amianto e fibre sostitutive: pro, contro e rischi connessi.

Amianto e fibre sostitutive: pro, contro e rischi connessi.

I primi studi epidemiologici che hanno dimostrato l'associazione tra tumore del polmone e amianto e tra esposizione ad amianto e mesotelioma della pleura risalgono rispettivamente al 1955 ed al 1960; il termine asbestosi, invece, viene coniato già nel 1927. Oggi in Italia i lavoratori sono ormai sensibilizzati riguardo ai rischi passati e presenti correlati all'amianto. Con la messa la bando dell'amianto si ricercano materiali naturali o sintetici che di quest'ultimo rispecchino o migliorino la qualità e l'efficacia. Ma tali materiali sono atossici o inattivi a livello biologico o tra qualche anno scopriremo che sono solo succedanei dell'asbesto e che di questo conservano anche l'aspetto nocivo? Da alcune ricerche che da anni si stanno compiendo sembra proprio che, soprattutto i materiali fibrosi sostitutivi dell'amianto , siano essi naturali o sintetici, conservano del più famoso predecessore non solo l'aspetto morfologico ma anche la peculiare nocività. Gli effetti sulla salute umana delle fibre inorganiche minerali e sintetiche hanno probabilmente un ruolo non secondario nell'eziologia di un gran numero di tumori.
INTRODUZIONE

Sulle caratteristiche chimiche e fisiche dell'amianto e relativi effetti dannosi a livello di salute umana sono stati scritti innummerevoli volumi. Ancora molto poco invece, si conosce in merito ai materiali che, nel tempo, lo hanno sostituito. In merito a ciò, attraverso il presente lavoro ci si propone di portare a conoscenza di quanto si è appreso consultando testi o riviste o partecipando a convegni sull'argomento.
 
L'AMIANTO

E' sicuramente difficile aggiungere un contributo significativo al tema sull'amianto. Di quest'ultimo infatti, è ormai nota ogni caratteristica chimica e fisica. Può comunque essere utile una sintetica puntualizzazione. E' giusto sottolineare che il termine amianto è del tutto generico essendo ascritte ad esso diverse forme mineralogiche. Si usa distinguere in genere l'amianto d'anfibolo da quello di serpentino. Tale differenza implica anche una diversa genesi. Infatti gli anfiboli costituiscono un nutrito gruppo di minerali primari (per gruppo si intende minerali o serie di minerali che hanno la stessa unità chimica di base e simile struttura cristallina) che alcuni autori interpretano come forme polimeriche dei pirosseni, altro grande gruppo, ed entrambi sono definiti inosilicati (inos in greco significa fibra). Sono comunque, dal punto di vista chimico sali inorganici ovvero silicati di Mg, Fe e Ca. L'aspetto che differenzia maggiormente un minerale dall'altro all'interno di uno stesso gruppo è spesso la forma esterna cioè l'habitus cristallino e le variazioni in tenore di un elemento rispetto all'altro. Ad esempio sembra che il contenuto maggiore in Fe aumenti la fusibilità che invece tende a diminuire con l'aumentare del Mg. Al gruppo degli anfiboli appartengono due minerali fibrosi: l'actinolite Na2Ca4(Mg
,Fe)10OH)2O2/Si16O44 (che quando si presenta filamentoso e con fibre poco flessibili prende il nome di Amianto d'anfibolo mentre quando si presenta in aggregati compatti e tenaci si chiama giada o nefrite) e la più famosa crocidolite della serie degli anfiboli alcalini ricchi in magnesio la cui formula è estremamente complessa o amianto azzurro o amianto del Capo.
Diversa è invece la genesi del serpentino che è un minerale di origine secondaria cioè d'alterazione. Si forma infatti per trasformazione di olivina (un silicato primario associato a rocce basiche o ultrabasiche contenente Fe e Mg) o anche da pirosseni rombici. Vi è da precisare che anche il termine serpentino è in realtà generico e sta ad indicare un insieme di minerali (si parla di sottogruppo del serpentino). Tra questi ultimi figurano per l'appunto, per citarne alcuni, l'amosite o amesite Mg4Al2(OH)8Si2Al2O10, l'antigorite Mg6(OH)8Si4O10 ed il famoso crisotilo anch'esso rispondente alla formula: Mg6(OH)8Si4O10.
Fino al 1951 si credeva che il crisotilo fosse un inosilicato cioè un minerale d'origine primaria poi alcuni studi condotti sul minerale da numerosi autori hanno dimostrato che è in realtà un fillosilicato (struttura a strati). I fogli costituiti da Mg
6OH8Si4O10 sono arrotolati in modo da formare dei cilindri e ciò ne spiega l'aspetto fibroso. Il crisotilo ha in altre parole la stessa composizione chimica di una antigorite (che è lamellare) ma a struttura arrotolata. Whittaker dimostrò che esistono ben tre tipi di crisotilo (clino, orto e para). Le forme sono sempre associate in paragenesi. Una ulteriore distinzione più commerciale che mineralogica era effettuata in base alla lunghezza delle fibre. Nella roccia madre (detta serpentina) il crisotilo si trova sempre associato ad antigorite in vene raramente superiori ai 7 cm. Le fibre in genere sono trasversali alle pareti della roccia (cross fiber) o parallele (slip fiber). Questa giacitura è legata all' origine stessa del minerale che è dinamometamorfica a scala regionale. Infatti il crisotilo viene lavorato meccanicamente dalla frizione e dalla pressione che si sprigionano dalle masse rocciose in seguito ad eventi tettonici (movimenti di grandi blocchi litoidi) di enorme portata come ad esempio i recenti eventi orogenetici (nascita di montagne). Non è un caso infatti che i giacimenti di amianto più importanti sono localizzati proprio in corrispondenza dell'arco alpino.
La coltivazione in galleria (effettuata senza armature in legno per evitare contaminazioni del minerale) aveva una resa doppia rispetto alla coltivazione a giorno. In Italia l'amianto a fibra lunga si trova in Val Malenco mentre quello a fibra corta a Balangero. La S.p.A. Amiantifera di Balangero produceva negli anni 60 ben cinque tipi di amianto con diverso grado di purezza chiamati tests 4, 5, 6, 7 e polveri. La richiesta di amianto in quel periodo era talmente forte da spingere a ricercare il succedaneo sintetico, che venne in realtà ottenuto ma in fibre che risultarono essere di pochi mm di lunghezza.
LE FIBRE INORGANICHE

Il termine fibra è stato mutuato dalla biologia nel cui ambito è riferito ad esempio al tessuto muscolare. Si intende per fibra, al di là della composizione chimica, qualsiasi particella che abbia dimensioni tali che la sua lunghezza superi di almeno tre volte il suo diametro.
Si parla poi, in funzione della composizione chimica o dell'origine, di fibre organiche o inorganiche, naturali o sintetiche, biologiche o non biologiche.
Per whiskers si intende una struttura sintetica fibrosa di natura cristallina di dimensioni variabili ma con un diametro generalmente inferiore ai 25 .
Comunque quello che sembra essere di fondamentale importanza è la forma che condiziona altre caratteristiche quali i parametri tecnologici di una particella e il suo comportamento sia a livello aerodinamico sia biologico. Si parla infatti di fibre di dimensioni tali da essere respirabili quando hanno un diametro inferiore a 3 - 3,5 m e lunghezza minore di 100 - 200m. Con tali caratteristiche si possono rinvenire sia le particelle fibrose di origine minerale artificiale (lane isolanti, fibre refrattarie, fibre speciali) sia minerale naturale (vari tipi d'amianto, sepiolite, wollastonite, attapulgite, zeoliti ecc.).    
Una differenza sostanziale risiede nel comportamento meccanico. Le fibre minerali naturali, infatti, si frammentano sia longitudinalmente sia trasversalmente mentre, quelle artificiali solo trasversalmente. Le ridotte dimensioni e la forma sono poi alla base delle caratteristiche aerodinamiche delle particelle fibrose, della loro biopersistenza e della loro biodisponibilità.    
La composizione chimica delle fibre inorganiche, invece, condizionerebbe un altro fattore che è la biosolubilità della sostanza.
Più in dettaglio sembra che la biopersistenza dipenda non solo dall'efficienza del sistema immunitario di un soggetto, dall'azione inglobante dei leucociti macrofagi o ad esempio da quella depurativa della mobilità ciliare della mucosa bronchiale ( la velocità di depurazione polmonare è pari a 13 mm al giorno in una persona normale) ma anche dalla lunghezza delle fibre. In tal senso si considerano attive fibre di lunghezza superiore a 5m.
La biodisponibilità è anch'essa un parametro che è funzione delle dimensioni della particella ed in particolare essa dipende dal diametro della fibra che per essere attiva in tal senso deve misurare meno di 2m.
I fattori chimico fisici appena descritti sono quelli che determinerebbero la cancerogenicità delle fibre in generale.
LE FIBRE MINERALI NATURALI

Un breve cenno alle fibre minerali naturali è d'obbligo. Sono numerosissimi i minerali che cristallizzano in forme aciculari (aghiformi) o fibrose. Quelli di maggiore interesse nel settore di pertinenza dell'Istituto, oltre quelli già citati all'inizio, sono i seguenti:
Sepiolite detta anche Schiuma di mare è un silicato idrato di magnesio la cui composizione non è proprio costante. Secondo alcuni autori si tratta di una miscela di un minerale cristallino fibroso e di un colloide. Ha la caratteristica di non fondere al cannello ma di indurirsi e il basso grado di durezza (22,5) consente una facile lavorazione. E' attaccata dagli acidi forti. Si rinviene sull'altopiano di Eski-Scher in Asia Minore. Il tipo di giacitura primaria è in rocce serpentiniche ma si rinviene, in forma di masse, soprattutto in placer originati dal disfacimento delle rocce madri. Era comunemente utilizzata per fabbricare pipe o altri oggetti per fumatori e per oggettistica.
Wollastonite CaSiO3 è un pirosseno atipico, forse, più correttamente si dovrebbe parlare di serie della Wollastonite di questo minerale sono infatti isotipe la bustamite che contiene magnesio e la pectolite che contiene sodio. In natura questo silicato di calcio si presenta in tre forme di cristallizzazione: parawollastonite o CaSiO3 , la wollastonite stabile al di sotto dei 1126° C e la pseudowollastonite o CaSiO3 che invece è stabile al di sopra dei 1126° C. Le forme e sono sempre associate in paragenesi con granati, vesuviana e diopside per fenomeni di metamorfismo di contatto tra rocce effusive e carbonatiche. Per il suo elevato punto di fusione viene impiegata nell'industria delle ceramiche. Si presenta in aggregati di colore bianco colonnari, fascicolati o fibrosi. La Wollastonite può anche essere confusa con la tremolite, un anfibolo (amianto).
Zeoliti costituiscono un gruppo di allumosilicati di origine secondaria. Sono state per molti anni al centro di numerose ricerche che tendevano a chiarire la funzione dell'acqua che esse contengono e che non è acqua di cristallizzazione in s.s., si parla infatti di acqua zeolitica che è alloggiata nelle cavità del reticolo cristallino. Quest'acqua può essere eliminata senza danneggiare il reticolo cristallino e può essere riassorbita o sostituita da altri liquidi purchè non si sia superata una certa temperatura. Sulle zeoliti sono nate diverse teorie le più importanti sono: la teoria della spugna e quella del cristallo misto. Dal punto di vista chimico in genere sono allumosilicati che contengono soprattutto sodio ma ve ne sono alcune varietà che contengono anche bario e magnesio. La struttura meglio conosciuta è quella delle zeoliti fibrose (gruppo della natrolite).
LE FIBRE MINERALI ARTIFICIALI E METODI DI PRODUZIONE

L'OMS nel 1988 ha fornito una classificazione delle fibre minerali artificiali in funzione del metodo di produzione.
Per trafilatura si ottiene il filamento continuo costituito da vetro. Con questo metodo si ottengono fibre il cui diametro è compreso tra 6 e 15 m. Esso costituisce uno dei processi commerciali per la produzione di fibre di vetro. Un getto di vetro fuso cade su ruote girevoli e viene filato. I filamenti caduti generano pezzi di vetro o fibre che vengono accumulate trattate con spray, a base di resine fenolformaldeidiche ed olii minerali lubrificanti, per preservare la superficie da abrasioni o attacchi chimici e sopposte a cottura. I diametri e le lunghezze delle fibre ottenute attraverso tale processo sono variabili.
Centrifugazione e Centrifugazione / soffiatura costituiscono processi meno costosi del precedente e si adottano per fabbricare lane isolanti come lane di vetro, di roccia o scoria. Si ricavano fibre il cui diametro varia dai 2 ai 9m. Il metodo consiste nel disaggregare il fluido in filamenti ricorrendo ad un potente getto di corrente gassosa. Ciò genera un insieme di fibre e particelle vetrose che costituiscono la caratteristica delle lane di vetro.
Ricorrendo alla soffiatura o alla soffiatura e trafilatura si producono fibre refrattarie per ceramiche il cui diametro va dai 1,2 ai 3m. A questo processo si ricorre anche per la fabbricazione di fibre tessili. Consiste nello stirare attraverso boccole con innumerevoli fori di piccole dimensioni il vetro fuso.
Infine, attraverso l'attenuazione con fiamma si ottengono le fibre speciali (microfibre di vetro) con un diametro compreso tra 0,1 e 3m.
Nell'ambito delle fibre sintetiche poi vi è una ulteriore differenziazione queste infatti, sono distinte in MMMF e MMVF acronimi che stanno a definire rispettivamente: man-made mineral fibers e man-made vitreous fibers, termini coniati nel 1985 ed introdotti nel codice tecnico.
Esistono anche le MMIF ovvero man-made inorganic fibers (fibre di carbone e di grafite).
In commercio sono state introdotte oltre alle fibre di vetro anche fibre amorfe di allumina, combinazioni di silicati e non silicati come il carbonio. Basti pensare che sperimentalmente sono state prodotte migliaia di fibre a composizione diversa. In totale sono noti quasi trecento materiali fibrosi di diversa composizione chimica.
Gli studi sulle fibre sintetiche hanno rappresentato un settore di ricerca in rapida espansione. Sorgenti di informazione ufficiale sono: il Journal of Crystal Growth, Journal of solid State Chemistry, e Carbon nonchè società internazionali come l'American Association for Crystal Growth che provvedono ad notificare la sintesi di nuovi composti e ad illustrare le tecniche di produzione messe a punto.
LE FIBRE NATURALI ORGANICHE E ARTIFICIALI

Un cenno a parte meritano le fibre organiche sia naturali (cotone, lino, iuta, lana, canapa, sisal) sia artificiali (nylon, rayon, poliacrilonitrile, polivinilalcool, aramidiche, polietilene e polipropilene).

APPLICAZIONI ED USI DELLE FIBRE MINERALI NATURALI E ARTIFICIALI

Tra le zeoliti ad esempio vi è l'erionite (fibrosa) che risponde alla formula (K2,Ca,Na2)2Al4Si14O36.15H2O, che viene utilizzata al posto dell'amianto come inerte o come carica per cementi, conglomerati, carta e fertilizzanti.
La wollastonite che ha sostituito l'amianto per gli isolamenti termici, per la fabbricazione del fibrocemento, delle vernici, per i pannelli isolanti, per i materiali d'attrito, per le pavimentazioni, ecc.
Le fibre di vetro, la lana di roccia o di scoria hanno preso il posto dell'amianto negli isolamenti termoacustici nell'edilizia, nella costruzione di treni, navi, pannelli antifuoco, pannelli isolanti, filtri per aria e per liquidi, fibre ottiche, plastiche rinforzate, pavimenti vinilici, fibrocemento, tessuti, ecc..
Le fibre ceramiche vengono ormai adottate per isolamenti termici ad alta temperatura, guarnizioni, componenti elettronici, tessuti antifiamma ecc..
L'Attapulgite utilizzata per la fabbricazione di sabbie assorbenti, vernici, adesivi, sigillanti, fertilizzanti, cosmetici, pesticidi, farmaci, ecc..
EFFETTI SULLA SALUTE DEI MATERIALI FIBROSI INORGANICI

Fin dagli inizi del secolo si sono studiati rischi per la salute connessi all'esposizione a materiali fibrosi. L'amianto è stato usato fin dall'antichità ed addirittura venerato per le sue magiche qualità, è ora stato messo al bando e sostituito da numerosi prodotti, soprattutto fibre sintetiche inorganiche. I cavi in fibra di vetro hanno sostituito i cavi in rame per le comunicazioni, La lana di vetro o di roccia ha sostituito l'amianto come isolante. Le fibre di carbone o grafite sono usate per fabbricare ad esempio articoli sportivi. Questi sono solo alcuni esempi delle numerosissime applicazioni. Si è visto che con la diffusione delle fibre inorganiche si hanno indizi per ritenerle rischiose per la salute umana. Sono stati necessari oltre 25 anni per stabilire una connessione tra mesotelioma ed esposizione a fibre d'asbesto e comunque l'eziologia e gli specifici meccanismi che causano il cancro non sono stati ancora del tutto chiariti. Questi consisterebbero, stando a ricerche condotte dallo IARC:

a)    formazione di radicali liberi;
b)    interferenza con la mitosi;
c)    proliferazione cellulare;
d)    stimolo infiammatorio cronico;
e)    cocancerogenesi e trasporto dei cancerogeni.

Da evidenze risultanti da studi condotti sperimentalmente si è visto che l'erionite risulterebbe tra i cancerogeni accertati ed inseriti nella classificazione IARC nel gruppo 1 al pari dell'asbesto.
Anche le fibre ceramiche sembra che svolgano un ruolo attivo nell'insorgenza di mesoteliomi.
Le fibre aramidiche hanno indotto carcenogenesi su animali (ratti). Per molti altri materiali fibrosi non sono ancora univoci i pareri riguardo la pericolosità.
Nella classificazione dello IARC (1994) al gruppo 1 sono ascritti Asbesto ed Erionite, al gruppo 2b lana di vetro, lana di roccia, lana di scoria, fibre ceramiche, al gruppo 3 filamenti di vetro continui, Sepiolite, Wollastonite e Attapulgite.

Si ricorda che il gruppo 1 identifica i cancerogeni per l'uomo, il gruppo 2a i probabilmente cancerogeni per l'uomo, il gruppo 2b i possibilmente cancerogeni per l'uomo, il gruppo 3 non classificabile come cancerogeno per l'uomo.





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